La scrittura, la mia, l’ho sempre immaginata così: una sorta di safe place.
Non un rifugio – non si scappa da niente nella vita, al limite si rinvia – contro il tedio, la routine, il troppo silenzio, il troppo rumore, la pesantezza, no, piuttosto una camera di decompressione, uno strumento come l’ossigeno, essenziale per riprendere le forze e combattere contro il tedio, la routine, il troppo silenzio, il troppo rumore, la pesantezza. Tutto il resto non m’interessa.
C’è chi ci vede di più, chi niente, chi altro da quanto mi ero proposta e va tutto bene, ma io scrivo per quello, per distrarre, per regalare leggerezza.
Se fossero un elemento, i KEYRAS sarebbero aria, né più e né meno.